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Viaggio al MIAI di Cosenza: la storia dei computer e la musica di Pietro Grossi

Abbiamo fatto un tour nei meandri del deposito del MIAI-MusIF di Cosenza, un luogo ricco di storia dell’informatica.

La storia dell’informatica si avvale di numerose vette e vicoli ciechi. Come in ogni cosa l’uomo ha dapprima sperimentato e poi raffinato le sue conquiste.
Allo stesso modo i grandi calcolatori della storia fin dai tempi di Babbage con il suo calcolatore differenziale a vapore all’imponente Eniac a 18000 valvole, all’Univac al Mark I e II fino all
Colossus impiegato nei laboratori dell’idilliaca Bletckey Park dove l’introverso genio di Alan Turing ha decrittato i codici della macchina
Enigma dei tedeschi si sono via via evoluti dalle dimensioni di un campo da tennis a quelle di pochi centimetri.
In mezzo secolo a partire dagli anni 60, i computer hanno subito numerose trasformazioni ed hanno riempito i nostri spazi e le nostre vite. La nostra avventura ha luogo in una Cosenza contemporanea primaverile,
dove alcune di queste macchine scalfite dal tempo e dalla storia, hanno di nuovo preso vita…

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Abbiamo fatto un tour nei meandri del deposito del MIAI-MusIF di Cosenza, un luogo ricco di storia dell’informatica.
A guidarci, il referente scientifico Emiliano Russo e l’associazione Verde Binario-Freaknet che gentilmente ha concesso la realizzazione di questo mini-viaggio
“elettronico” nel crepuscolo di mezzo secolo del 900 di storia dell’informatica. A valle di una rampa a cerchio ci troviamo dinnanzi alla sede,
nascosta dai rumori della città, ma silenziosamente viva. All’ingresso l’impatto è sconvolgente. Chi non ha mai visto un computer degli anni 60,
potrebbe immaginare che si tratti di qualcosa simile ad una vecchia radio o un televisore, ma non è così.
Nella stanza principale l’attenzione è catturata da un mostruoso mainframe che occupa qualcosa come 100 metri quadri.
Il resto è attorniato da centinaia di pezzi storici, un commodore64 delle game-console storiche e scaffali zeppi di oscilloscopi, computer, tv, stampanti, e numerose altre diavolerie elettroniche…

Il GE-120

Il mostro in questione è un vecchio mainframe della serie GeneralElectric-100 – di casa Olivetti in seguito Honeywell Bull, in particolare il modello è un GE-120 del 1971 (evoluzione del GE-115, a sua volta evoluzione dell’ Olivetti ELEA 4-115), impiegato nella gestione dell’aeroporto di Zurigo.
Esso si presenta con uno stile vintage di colore “blu-indaco” che ricorda il mitico PDP-1 di spacewar.
Il team del museo interattivo di cosenza MIAI e dell’Ass, Verde Binario, dell’Ass Freaknet e del MusIF ha avviato un megaprogetto dapprima logistico e poi di restauro per riportarlo in vita,
in una lunga avventura appena iniziata…

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Il sistema informatico si presenta come una multitudine di periferiche, ciascuna delle quali occupa lo spazio di un armario e pesa qualche quintale o piu.
In tutto vi sono all’incirca una dozzina di componenti, una telescrivente, un dispositivo per la lettura e la scrittura delle schede perforate, una stampante meccanica, un hard drive magnetico,
un hub centro nevralgico di diagnostca ecc. La tecnologia è nello stile dell’elettronica anni 60. Componenti ben visibili saldati su schede al silicio, grossi condensatori e resistori si apprezzano alla vista.
La polvere mostra i segni del tempo sul sistema, ci sono parti meccaniche notevoli e cablaggi ponderosi. Ma l’oggetto piu straordinario è certamente la cpu:
un armadio sommerso da una infinità di fili gialli e arancio intrecciati nei modi piu disparati!

Struttura del GE-120:

  • Modulo Telescrivente
  • Unità Perforatrice
  • Alimentatore
  • Unità Memoria di massa
  • CPU
  • Wing F Hub
  • Unità Stampante

La “Computer-Music” di Pietro Grossi

Quando Pietro Grossi, celebre musicista e violoncellista venne a conoscenza della possibilità di far suonare ad un computer le partiture
musicali di Paganini questo pensiero lo perseguitò fino a che non ebbe contatti con la Olivetti e con il progettista esperto Ferruccio Zulian il quale ebbe l’idea singolare di collegare degli speaker in alcuni punti strategici della circuiteria di un GE-115 ed “estrarre” così l’informazione dei segnali interni e convertirli in suoni (quello che io chiamo “la musica dei computer”).

L’abilità di suonare uno spartito musicale (a parte tecnicismi), per un computer paradossalmente è un’operazione molto semplice non c’è tanta logica,
c’e’ solo da capire come trasformare uno spartito in qualcosa di “elettrico”. Nel 1964 tuttavia la cosa fu sconvolgente e lo stesso Pietro Grossi disse che
fu il momento piu straordinario della sua vita. Il difficile è invece comporre la musica, che richiederebbe grandi capacità algoritmiche
e creative che tutt’ora sono argomenti di ricerca in settori avanzati dell’intelligenza artificiale e del machine learning.

L’associazione Verde Binario ed il Museo Interattivo di Archeologia Informatica MIAI

L’associazione Verde Binario a Cosenza nasce da un gruppo di 5 ragazzi appassionati di scienza che, per gioco,
nel tempo hanno avviato progetti di restauro e recupero di componenti informatici di ogni genere con l’idea di studiarli e riportarli a nuova vita,
macchine dismesse vecchi computer, grandi sistemi, recupero dati e tantissime attività, corsi, meeting ecc. Il nome “verde” vuol suggerire:
“un richiamo all’ecologico” mentre binario: “all’informatica” – un connubio perfetto – un ponte tra natura e tecnologia. Il progetto si è esteso ed è nato così il Museo Interattivo di Archeologia Informatica (MIAI), che oggi è in stretta collaborazione con il Museo dell’Informatica Funzionante (MusIF) di Palazzolo Acreide in Sicilia. La stretta collaborazione ed amicizia ne ha fatto un unico museo dislocato ed il primo è un avamposto dell’altro.

Proprio all’interno del museo è nato un gruppo di ricerca in ambito musicale ed informatico, il LEM, ovvero: Laboratorio Elettroacustico del MIAI sulla sperimentazione della musica elettronica e della computer music.

Sito Ufficiale di Verde Binario \ MIAI
Sito Ufficiale di Freaknet \ MusIF

GIUX

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